Seduta a fianco di una perla rara.

28 Giugno 2022

 

 

Una storia di rara consapevolezza.

Io mi chiamo Maria Grazia e vi lascio questi pensieri in un pomeriggio di gennaio, mentre dialogo insieme alla dottoressa Monica Cattaruzza direttore sanitario di ADVAR.

Io la chiamo il mio angelo, lei mi chiama la sua perla rara e credo questo vi anticipi il contenuto di questo racconto.

Sorrido mentre parlo con lei perché sono felice… perché si può essere felici anche con una prognosi di terminalità se sei circondato da ascolto e amore e ti senti coccolato e rispettato in ogni tuo limite, ovviamente acutizzato dalla malattia.

Questa è la mia storia che, per fortuna, inizia con un rapporto significativo e profondo tra me e la dottoressa Zanatta del servizio di Cure Palliative Distrettuali dell’ULSS2. E’ stata proprio lei, ad un certo punto dell’assistenza, a parlarmi di ADVAR.

Come molti malati non sapevo bene cosa aspettarmi, nonostante la dottoressa Zanatta mi avesse spiegato il tipo di accoglienza e assistenza alla quale, con fiducia, mi indirizzava.

Mai avrei immaginato di trovarmi in un luogo così e di provare queste sensazioni di amore, armonia e protezione.

Sapete quanto fondamentale sia per una persona malata sentirsi circondata d’amore? Sentire che il tuo pensiero vale e viene ascoltato? Avere la consapevolezza di venir accolta in questo momento di fragilità, con tutti i limiti che questo comporta?

Questo ti cambia la prospettiva.

Monica mi dice che io sono una perla rara perché ho voluto intraprendere un percorso di consapevolezza che è durato anni e che oggi, per fortuna, mi permette di guardare alla mia malattia con lucidità e realismo.

Comprendo che è un passaggio per nulla scontato che permette all’équipe ADVAR di dialogare con me con trasparenza, costruendo insieme il percorso di ogni singola giornata.

Qui ho trovato una visione della persona che va oltre la problematica fisica, in una comunione di intenti e armonia tra l’équipe che mi assiste che mi fa sentire al centro.

Se ho una minima esigenza, so già che almeno due o tre operatori verranno a vedermi … (è bello sapete?!)

Tutto questo mi ha portato in una condizione intima che mi permette oggi di affidarmi con serena consapevolezza. Dò fiducia a quegli occhi, che mi parlano di rispetto a amore, e con questi sentimenti ho affidato loro i miei prossimi giorni.

Le mie gambe già non camminano più, ma quand’anche il mio respiro dovesse essere troppo difficoltoso e Monica dovesse comprendere che io sono al capolinea … ecco… per quel momento io e lei abbiamo fatto un patto.

Io mi affido a tutti loro che mi stanno seguendo e che hanno gli strumenti, umani e professionali, affinchè si decida per me un accompagnamento con dignità e senza sofferenza.

Io so che mi tratteranno con amore.

E mi dispiace vedere gli occhi della dottoressa Monica e dell’infermiera Valentina lucidi… ma in fondo questo mi fa sentire preziosa.

E quindi piango anche io, perché mi sento fortunata ad essere qui.

E scrivo queste righe per altri malati se vorranno leggerle.

Accompagnare una persona richiede doti e professionalità che devono essere mantenute e manutentate.

Ora ho compreso il vero significato di cure palliative (e Monica mi dice che potrei andare io ad insegnare ai corsi formativi cos’è la vera consapevolezza.. ), ho compreso il senso dell’affidarsi ad un medico, e non solo, che ti mette al centro di ogni decisione.

Io che sono sempre stata una persona molto introversa, oggi assaporo il piacere della parola ed è con grande forza che lascio questo messaggio per altre famiglie.

Cercate sempre in chi vi cura rispetto, amore, centralità e lavorate per costruire la vostra consapevolezza. E’ il regalo migliore che potete fare a voi stessi, e spero che queste parole siano un seme iniziale affinchè si possa lavorare con sempre maggiore attenzione per dotare il malato degli strumenti necessari per accettare la sua malattia.

E mentre stringo le mani di Monica lei mi dice che io oggi le ho insegnato molto e mi scopro sorpresa di tanta umiltà.

E, di nuovo, mi sento fortunata.

Sono in un luogo creato dall’amore, dove circola solo amore.

Amore per l’essere umano. Amore per la vita. Amore per le famiglie.

Spero che tutti noi ci rendiamo conto della fortuna di poter contare su questo luogo e sui suoi professionisti, e che tutti voi possiate continuare a lavorare affinchè il malato grave sia sempre al centro di ogni percorso decisionale e di cura.

Con amore.

 

 

Maria Grazia Bertelli

La storia è pubblicata su Advar Amici n° 67 |
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