Uno sguardo professionale che mi rafforza

Mi chiamo Mario Fiorello e sono un medico urologo.

Da inizio anno affronto una nuova fase della mia vita: sono malato di mieloma multiplo, una malattia professionale. Ho iniziato le terapie di protocollo e ho scelto fin da subito di concentrarmi su ciò che per me conta di più: la qualità della mia vita.

Essere medico, in questi casi, è quasi un paradosso. Siamo i peggiori pazienti, lo so bene. Vogliamo capire, controllare, avere voce in capitolo. Ma ora sono dall’altra parte della scrivania.
E questa esperienza, per quanto dura, mi sta concedendo molto.

Negli ultimi anni della mia carriera ho avuto la fortuna di dedicarmi alla formazione di chi oggi ha preso il mio posto. È una persona fantastica e questo mi dà pace perché tengo molto al mio lavoro.

Tornando al mio presente, in modo sorprendente, mi affascina il percorso che sto vivendo.
Sì, affascina. So che può sembrare una parola strana (forte? inaspettata?) per descrivere una malattia, ma il fascino è ciò che, a volte inspiegabilmente, ci cattura, ci mette in ascolto di emozioni nuove.
E questa esperienza mi costringe a rallentare, ad abitare il tempo in un modo inedito, a pensarmi. A concedermi uno spazio che, fino a poco fa, non sapevo nemmeno di desiderare.

È stata proprio questa consapevolezza – e un pizzico di razionalità – a farmi cercare un supporto.
Ne ho parlato con il mio medico di base, il dottor De Gregori, una persona di cui mi fido molto, che mi ha indirizzato ad ADVAR, al nuovo servizio “Il Ponte”.

Quando mi sono presentato, non avevo aspettative. Sapevo solo che non potevo chiedere aiuto alla mia famiglia che sta già affrontando il dolore per la mia malattia. Mi sono detto, con determinazione: “Provo, se non mi convince smetto.” Sono sempre stato molto diretto, anche con me stesso.

Invece, già dal primo incontro con la psicologa, ho capito che ero nel posto giusto. Ho trovato persone che non solo mi hanno accolto, ma che mi stanno aiutando a trovare e fortificare gli strumenti per affrontare questo cammino.
Non si tratta di parole di conforto, ma di uno sguardo professionale e rispettoso, che mi rafforza senza mai cadere nel pietismo.  A voi ho affidato la mia vita, nel senso più pieno di questa parola. Non è poca cosa.

Oggi riesco a dire qualcosa che fino a poco tempo fa non avevo il coraggio di ammettere: ho paura di morire. E forse ancora di più, ho paura di far soffrire chi amo.
Ma so anche che non sono solo. Ho me stesso, ho chi mi ama e mi vuole bene, e ho voi ADVAR.

Siete una risorsa preziosa. Davvero.

Parliamo insieme di Lasciti Testamentari Solidali.


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